Approfondimento
Villa di San Marco
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Villa di San Marco
La “Villa di San Marco” è un complesso residenziale ubicato sul ciglio del pianoro di Varano nella città di Castellammare di Stabia (NA), che prende il nome da una cappella intitolata al santo evangelista, costruita nella seconda metà del ‘700.
Le prime opere di scavo furono eseguite tra il 1749 e il 1754, per volere del sovrano “Carlo Sebastiano di Borbone” (Madrid, 20 gennaio 1716 – Madrid, 14 dicembre 1788), re di Spagna, Napoli e Sicilia. Per la direzione dei lavori, furono incaricati l’ingegnere spagnolo Roque Joaquín de Alcubierre (Zaragoza, 16 agosto 1702 – Napoli, 14 marzo 1780) e l’ingegnere svizzero, Karl Jacob Weber (Arth, 12 agosto 1712 – 1764). La campagna di esplorazioni prevedeva la realizzazione di cunicoli sotterranei, secondo la metodologia adottata al tempo, rinterrando tutto ciò che non aveva una rilevanza dal punto di vista archeologico, passando oltre per la ricerca di preziosi e pitture di pregevole fattura da destinare al “Real Museo di Portici”.
Il primo impianto della struttura è riconducibile alla prima età augustea, anche se ha subito diverse trasformazioni in età claudia. Infatti furono aggiunti diversi ambienti panoramici al nucleo originario dell’atrio tetrastilo ionico, quali il giardino con triportico e piscina, e il porticato superiore con colonne tortili.
E’ risaputo che tra i due ingegneri non scorresse buon sangue, dato che Alcubierre effettuava campagne archeologiche esclusivamente indirizzate al rinvenimento di oggetti e sculture di valore, mentre Weber eseguiva campagne di scavo molto accurate, annotando e disegnando mappe di tutti i ritrovamenti.
Tra il 1950 e il 1962, grazie alla documentazione raccolta dai borbone, la villa fu riscoperta dal prof. Libero d’Orsi (Castellammare di Stabia, 30 marzo 1888 – Castellammare di Stabia, 16 gennaio 1977), preside della scuola media “Stabiae” a Castellammare di Stabia (NA) e appassionato di archeologia e scrittura. Molti degli affreschi ritrovati, furono accuratamente staccati dalle pareti della dimora, per poi essere trasferiti all’Antiquarium Stabiano inaugurato nel 1958 (chiuso al pubblico dalla fine degli anni novanta), dove vennero raccolti più di 8.000 reperti, non solo provenienti dalle ville stabiane, ma anche dalle altre costruzioni che nel corso degli anni venivano esplorate nel territorio che un tempo facevano parte del cosiddetto “ager stabianus”.
Molte zone della ‘villa’ ad oggi risultano ancora interrate, come l’ingresso principale con annessa strada, che dava su un cortile porticato da cui si accedeva al tablino e quindi all’atrio tetrastilo su cui si aprono quattro cubicoli. Si accede quindi al quartiere termale, rappresentato da un piccolo atrio, dove si possono ammirare decorazioni con scene di amorini lottatori e pugili in ‘IV stile’ pompeiano iniziale (porzioni di affresco furono asportate durante gli scavi borbonici per entrare a far parte della collezione del Real Museo di Portici), da un calidarium con grande vasca, da un tepidarium e un frigidarium con vasca a gradini. Inoltre, da questo lato della residenza, vi è un tratto di scala con gradinate di travertino che faceva parte delle rampe a tornanti che collegavano la ‘villa’ con la zona pianeggiante più vicina alla costa.
L’altra zona di rilievo è rappresentato dall’ampio giardino porticato con piscina o “natatio”, sulla cui parete di fondo ad emiciclo vi era un ninfeo decorato da stucchi e le sale destinate al riposo. Infine troviamo il sontuoso ambiente di rappresentanza del complesso, era costituita da pareti rivestite di marmo nella parte inferiore e affrescate nella parte superiore con grandi composizioni figurative. Tali raffigurazioni non sono più visibili a causa del crollo del porticato superiore, provocato dal sisma del 1980. Delle decorazioni che adornavano il soffitto di tale porticato, furono recuperati alcuni frammenti e successivamente restaurati, come ad esempio la porzione di affresco denominata “Planisfero”, che rende l’idea della maestosità e bellezza dell’opera.
Molti furono gli oggetti, stucchi, affreschi e sculture che furono scoperti durante gli scavi alla villa. Tra queste vanno sicuramente citate “le tre coppe di ossidiana” a tema egittizante. Le coppe furono rinvenute nel 1954. Datate tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., sono realizzate con vetro naturale di origine vulcanica, filamenti d’oro e pietre dure. Il colore di fondo è nero, mentre le scene raffigurate sono di smalto colorato e richiamano il mondo egizio. Si suppone che questo tipo di ossidiana utilizzata per la lavorazione degli skyphoi ritrovati a Stabiae, sia proveniente dall’Etiopia e che le decorazioni siano state realizzate in qualche bottega di Alessandria d’Egitto. Delle coppe scoperte alla Villa di San Marco, ne sono state recuperate solo tre, ma non si esclude che facessero parte di un ampio servizio. Solo dopo un accurato restauro durato due anni, è stato possibile recuperare la bellezza della manifattura di tali coppe. Attualmente, sono conservate al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, come gran parte dei reperti provenienti dalla dimora stabiana.
Altri reperti di rilievo sono una statuetta in bronzo ad uso di fontana raffigurante un corvo, un bronzo di Hermes in posizione seduta, un cratere in marmo con motivi mitologici e uno in alabastro e un calderone in bronzo decorato che alimentava il calidarium della villa, acquisito da un collezionista d’arte e lord inglese di fine 1800, Sir William Hamilton, insieme a tanti oggetti provenienti dall’impianto urbano stabiano e dall’area vesuviana. Di questi oggetti si persero completamente le tracce, dato che la nave sulla quale si trovavano, ovvero la “HMS Colossus”, naufragò a causa di una mareggiata. Da qualche anno, furono recuperati dal fondo delle acque britanniche, alcuni oggetti di uso quotidiano che si trovavano sull’imbarcazione, restituendo così al mondo una minima parte di quell’immenso tesoro.